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NOVITA'

Le ultime uscite discografiche:Rough Max and The Steamrollers, Steven Troch Band, , Andrea Paganetto,T-Bear & The Dukes, The Wild Ones, Blues Ghetto, Matt Walklate e Paolo Fuschi, Diego Schiavi, Bayou Moonshiners, Richard Van Bergen and Rootbag, Gennaro Carrillo, Jesus on a Tortilla, Big Time Bossmen, Tinez Roots Club, Little Hooke, Barontini, Quai des Brumes, Thorbjorn Risager & The Black Tornado, Walter Broes & The Mercenaries, Marc Lelangue, Mary’s Little Lamb, JD Fox & Velvet Street Band, JJC Band, Salvatore Amara & The Easy Blues Band

 
     
 

Rough Max and The Steamrollers "Roots In The Blues, Crown Far Ahead "
Rough Max Pieri

Max Pieri in arte Rough Max è un bassista, compositore e produttore dotato di una vocalità grezza ed arsa; una lunga militanza in gruppi rock e poi sempre più ancorati al blues (Blue Stuff, Gary Allegretto, David Hartley, Complanare Blues Band, Pierluigi Petricca), e poi negli anni recenti una avventura in prima linea con gli Steamrollers, giunti all’esordio in questo Roots In The Blues, Crown Far Ahead. Un lavoro che, come suggerito dal titolo, prende a pretesto il blues per esplorare in maniera trasversale più generi, richiamando con vigore metriche funky ed elargendo manciate di groove in puro stile sixties; le preziose suggestioni delle tastiere di un grande Luciano Pesce, fanno da contraltare alla vocalità malata e colpevole di Rough Max; colpevole ora e per sempre, come nel brano Guilty che resta uno dei momenti migliori di questo lavoro; nove brani con la partecipazione di Martino Palmisano all’armonica nella sincopata Quite Man, di Sebastiano Lillo alla chitarra slide nella cinematografica Junk; uno strumentale The Second Bite che si attacca alla pelle come un tattoo. Un dischetto che non ti aspetti e che incominci ad amare a partire dal secondo ascolto.
Gianandrea Pasquinelli

 
 
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Steven Troch Band "Rhimes for mellow minds "
www.steventroch.com
www.steventrochband.com
Non si può certo dire che sia una sorpresa, quanto piuttosto una conferma: STEVEN TROCH, eclettico e poliedrico musicista torna con il suo ultimissimo RHIMES FOR MELLOW MINDS, un CD nel quale sfodera ancora una volta tutta la sua abilità di cantante, armonicista (non dimentichiamo che è endorser per la Honher) e Mouth Bow player (un insolito strumento simile ad un arco che sfrutta la cavita orale come cassa di risonanza per la vibrazione dell'unica corda presente; uno strumento di origine antica ed abbastanza insolito). Le tracce, tutte composte da Troch stesso, formano un piacevole viaggio che attraversa il blues, lo swing, il jazz, le atmosfere tipiche del country, insomma un universo di generi musicali nei quali Steven mostra la massima dimestichezza. Piacevole e a tratti umoristico (simpatica la citazione "A man without a beard is like a bar without beer"). Non manca la ghost track finale, in Walk Away, nella quale un blueseggiante Bruce James al piano accompagna la voce di Troch in un delicato ma intenso finale. Molte le collaborazioni delle quali si avvale l'autore, ma ci limitiamo a citare i componenti della Steven Troch Band, ovvero LIESBETH SPRANGERS (basso e washboard in Rabbit Foot Trail), "LITTLE STEVE" VAN DER NAT (chitarra), "KING BERIK" HEIRMAN (batteria e percussioni). Un lavoro piacevole al quale va un meritato plauso.
Paolo Santini

 
 
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Andrea Paganetto "Nove"
Facebook: Andrea Paganetto
orangehomerecords.com
Anche se non avezzi al free jazz, segnaliamo il CD NOVE di ANDREA PAGANETTO, giovane trombettista genovese, che vanta già un notevole curriculum alle spalle. Questo progetto, al quale collaborano anche MAURO AVANZINI (sax e flauto, nonchè autore insieme a Paganetto dei brani contenuti nel CD), DAVIANO ROTELLA (batteria), MATTEO ANELLI (contrabbasso), si avvale anche della collaborazione di due "special guest", ovvero MAURO BRUNOD (chitarra elettrica) ed uno strumento che raramente si misura con tale genere musicale, ovverosia il violino (egregiamente suonato da EMANUELE PARRINI).
Da tale miscellanea di musicisti esce un lavoro nel quale il free si mescola con la World Music, facendo in modo che i brani poco abbiano del nervoso comportamento del Free puro e semplice. Musicalità e tecnica si fondono, rendendo il CD nel contempo tecnico, ma piacevole, senza eccessi atonali. Simpatica la dedica di un brano dal titolo speculare "E(t)terno Ornette" ad uno dei padri indiscussi del genere, Ornette Coleman, che non ha certo bisogno di presentazioni.
Per amanti del genere.
Paolo Santini

 
 
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  T-Bear & The Dukes "Time is a Healer"
T-Bear Solberg
T-Bear Solberg torna alle stampe dopo alcuni anni di assenza discografica, Ice Machine era del 2013, con un disco soul-blues asciugato dalla sezione fiati ma dai suoni pastosi e corposi; T-Bear, uno dei migliori chitarristi, vocalist europei, proviene dalla scarsamente popolata foresta svedese di Varmland e si è nutrito fin da piccolo di buone dosi di Albert King e Albert Collins; il disco parte inatteso con un minore, Taranto, dedicato al suo regista preferito Quentin Tarantino, con la sicurezza e il rischio che solo i grandi chitarristi sanno prendersi; licenziato lo strumentale, T-Bear alla testa dei Dukes, si riappropria della naturale vocalità scura, priva di forzature e venata di influenze soul, e si racconta in 9 tracce (escludendo i minori iniziale e di chiusura) attraverso un linguaggio personale in cui sono riconoscibili ritmiche e riff shuffle, boogie, funky, soul ballad; rispetto al passato, aleggia lungo tutto il lavoro una venatura dark, che può essere sintetizzata dall’ampio utilizzo del minore ed esemplificata dal groove Gilmouriano che caratterizza la traccia che da il titolo al disco, Time is a Healer; saldamente assecondato da una sezione ritmica che produce il classico muro di suono e dalle tastiere monumentali di Emil Wachenfeldt, Time is a Healer è un eccellente disco di blues moderno, dalle venature scure, espressione dell’animo attuale di T-Bear Solberg, uno dei punti cardinali del blues europeo.
Gianandrea Pasquinelli
 
 
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  The Wild Ones "The Wild Ones"
Rootz Rumble
Una delle band rockabilly di culto d’Europa, The Wild Ones, torna con questo lavoro omonimo che raccoglie a piene mani dal materiale registrato per i rari vinili del 1986, Corssroads, e 1988, Still Untamed; praticamente un nuovo debutto per una band che si è sciolta da ben 30 anni, lasciando solo poche tracce del ricco passato; qualche promo-video e apparizione televisiva rintracciabile su youtube e una vitalità ancora invidiabile, provare per credere il video integrale del concerto che i Selvaggi hanno tenuto l’11 novembre scorso a Turnhout in occasione della 9 edizione della Rootsnight; una energia contagiosa presa a prestito dalle ceneri del punk, che ricorda la potenza dei Nine Below Zero e quella di Brian Setzer con i Stray Cats; 10 tracce più 2 bonus natalizi, tanto sano rock and roll, impastato con buon blues; Wild One Dee (Didier Borat) alla sicura, sinuosa e articolata voce e Ricky Brewster Clement alla implacabile chitarra sono autori di 9/12 brani; una segnalazione per Big Brett (Werner Braito) armonicista dal fraseggio ipercinetico perfettamente integrato nel sound dei Wild Ones. Un prezioso ritorno.
Gianandrea Pasquinelli
 
 
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  Blues Ghetto "Down in the Ghetto"
Blues Ghetto
Blues Ghetto è il nuovo progetto di un manipolo di navigati musicisti di Milano che come recitato nelle note di copertina mettono assieme molteplici e difformi esperienze accumulate in anni di ascolti maniacali alla ricerca di quel quid che rendono unici i maestri afroamericani del ghetto blues; scorrono sicure 15 tracce, condite di tre originali, forti di metriche shuffle sicure, e di solismi umili, ove non prevale nè la forza della chitarra, nelle mani preziose di Sergio Cacopardo, nè il fascino dell’armonica di quel Marcus Tondo che partito in sordina da Scandiano ha da diversi anni conquistato la difficile scena milanese. Blues Ghetto è un lavoro sudato dall’inizio alla fine da blues con la B maiuscola; due parole le vorrei dedicare a Marcus la cui maturità artistica lo ha portato ad esibire una tecnica sullo strumento estremamente raffinata, molto influenzata da Little Walter e da Kim Wilson ed una vocalità inattesa e estremamente convincente; bravo; sarò di parte ma Wilson Boogie è il mio runner. Se amate il blues senza distrazioni questo è il disco che fa per voi.
Gianandrea Pasquinelli
 
 
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  Mat Walklate - Paolo Fuschi "Out of the Sun"
Mat Walklate - Paolo Fuschi
Il sodalizio tra Mat Walklate (armonica e voce) e Paolo Fuschi (chitarra) è sempre più sicuro e maturo; il nuovo singolo, reso disponibile come download a pagamento dal sito del duo, contiene due tracce, il samba blues, Out of the Sun, e il downhome blues, So Deep in Trouble; Out of the Sun è un originale intenso di quelli che si lasciano ricordare; disegnato su di un riff delicato estremamente efficace dell’armonica di Walklate, prende una impronta decisamente di samba grazie al giro armonico della chitarra di Fuschi; un break di chitarra costituisce un elemento di sorpresa prima del ritorno sul groove finale; So Deep in Trouble, è un blues originale, frutto di una reinterpretazione del classico Rollin’ and Tumblin. Mat Walklate e Paolo Fuschi continuano a convincere e a produrre brani originali di grande qualità; duo estremamente dinamico, originale, dai suoni volutamente grezzi e dal solismo lirico di pregio, uno dei migliori in circolazione.
Gianandrea Pasquinelli
 
 
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  Diego Schiavi "Deep to the bone"
https://www.diegoschiaviblues.com/
Nell'oggi musicale dominato da mordi e fuggi di cantanti e artisti che vivono giusto il tempo di una farfalla, salutiamo positivamente l'uscita di un CD di DIEGO SCHIAVI, giovane chitarrista toscano con alle spalle già un notevole bagaglio tecnico, che mostra un grandissimo affetto e conoscenza verso un genere bistrattato dai suoi coetanei. Questo suo album di esordio DEEP TO THE BONE, meraviglia, quasi spaventa, per l'ottima fattura, caratterizzato da una eccellente tecnica chitarristica ed una voce già da bluesman navigato. La sua resofonica ci riporta alle polverose emozioni trasmesseci dai grandi padri Robert Johnson, McKinley Morganfield, Son House: Diego passa da un brano all'altro che impressionante semplicità, senza timori reverenziali, con la giusta sfrontatezza tipica dei padri, necessaria ai loro tempi per poter emergere e, soprattutto, trovare un mezzo di sostentamento. Deep to the bone è esattamente quello che il titolo suggerisce: un bel tuffo filologico nel passato, rispettando per quanto poissibile proprio il sound originale. Schiavi è una promessa, della quale senz'altro sentiremo nuovamente parlare in futuro.
Paolo Santini
 
 
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Bayou Moonshiners "Living Live "
Bayou Moonshiners
Uno dei dischi più divertenti giunti all’ascolto in questo periodo post-estivo, il Live di due giganti del blues italiano, Stephanie Ghizzoni (voce, washboard e kazoo) e Max Lazzarin (voce e piano), giunge leggero e allegro con le sue atmosfere festose da quartiere francese di New Orleans; rigorosamente live, registrato a Verona, il 4 ottobre 2016, senza alcuna protezione, i nostri si lanciano in un menù a base di Gumbo, Jambalaya e Red Beans pieno di gustose allusioni energiche al contagioso piano di Professor Longhair e di James Booker. E’ proprio sulle note di Jambalaya, impreziosito dalla profondità dell’originale Tell Me More, dalla benedizione di Amazing Grace e dal viatico di Down By the Riverside, che esprimo il mio personale gradimento per questo lavoro che non può mancare all’ascolto di chi ama la buona musica.
Gianandrea Pasquinelli

 
 
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Richard Van Bergen and Rootbag "Walk on in "
Naked
Atmosfere downhome, un pò di trance Delta blues e molta sana energia sono gli ingradienti di questo trio Olandese che viene proposto da Naked records, sussidiaria di Donor Productions CVBA. Giunto al secondo lavoro, Richard Van Bergen si dimostra molto convincente sia alla voce, penetrante ma dalla tessitura rigorosamente bianca, e sia alla chitarra dove si dimostra essenziale ma efficace come in Maybe Someday; assecondato da Jody van Ooijen alla batteria e da Roelof Klijn al basso, Van Bergen alterna l’andamento ipnotico generale del lavoro con assaggi di swamp R&B, Can’t Keep Up o Snap, che citano i primi Fabulous Thunderbirds, e di schietto boogie, Walk on in. Il disco chiude con una versione low-fi ad effetto del classico Willin’ dei Little Feat, unica cover di un lavoro ben riuscito e di sostanza.
Gianandrea Pasquinelli

 
 
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Gennaro Carrillo "Il Blues del Brigante "
Il Blues del Brigante
E’ sempre difficile parlare del lavoro di un amico, ma Gennaro Carrillo intrapresa la strada del Blues del Brigante, non ha bisogno di inutili elogi; una specchiata matrice blues che parte dagli storici Black Cat Bone, un percorso nella musica afro-americana che non ha mai tralasciato la sua matrice meridionale e le tradizioni di questa splendida terra; il blues del Brigante è un lavoro sincero e originale che rievoca varie fasi della caduta del regno borbonico; un album in cui esperienze diverse si fondono senza forzature; come riferimento ascoltate la traccia iniziale che sotto una ritmica salentina di tamburo a cornice e sotto le mentite spoglie di Giovanni Errico ci propone una credibile versione italiana del traditional John Henry; uno dei brani più riusciti è senza dubbio il rapeggiante Franceschiello, brano originale che ricorda le gesta non proprio edificanti di Francesco II di Borbone, ultimo re delle Due Sicilie; molto bella la ballad Rosa e Filomena dedicata alle donne amate dal capo brigante Giuseppe Schiavone. Un lavoro con momenti alti, in cui gli eventi storici del nostro passato riacquisiscono dignità e attualità, una sintesi di due mondi per molti versi simmetrici.
Gianandrea Pasquinelli

 
 
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Jesus on a Tortilla "Tonite is the night "
Jesus on a Tortilla
E arriviamo al secondo atteso lavoro di Jesus on a Tortilla, Tonite is the night, un CD che se fosse stato vinile, avrebbe potuto essere scambiato per un 33 giri impilato in uno scaffale polveroso della gloriosa Chess Records; 12 tracce, 4 originali; un lavoro ruvido, diretto, sincero, registrato senza sovraincisioni, insomma alla vecchia. Jesus on a Tortilla è un quartetto che piace e convince; tutti giovani o giovanissimi come i due indiscutibili leader, Kevin Clementi, chitarra dal fraseggio fino e della scuola less is more, che ringrazio per avermi fatto riascoltare Six three O del leggendario Robert Nighthawks, e Lorenzo Mumble Albai, che ti mette a tuo agio sia quando ripropone i fraseggi campagnoli di Sonny Boy II in Cool Cool Blues o quelli estremamente dinamici ispirati a Little Walter negli originali Street Diary e Blue Feeling (ascoltare il fraseggio di apertura che potrebbe essere la seconda alternate take mancante di Blue Midnight); dopo averli apprezzati nel buon lavoro di esordio, Gone to Main Street, con Tonite is the night, i Jesus on a Tortilla si affermano come band di Chicago Blues top in Italia.
Assolutamente da ascoltare.
Gianandrea Pasquinelli

 
 
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Big Time Bossmen "Working on a Plan "
Rootz Rumble Rec/
Fresche di stampa tre nuove uscite delle sussidiarie della Donor Company, Rootz Rumble e Naked, etichette dedite alla promozione delle migliori proposte blues and roots del vecchio continente.
Il primo lavoro, a firma dei Big Time Bossmen, è il pregevole esordio di un quartetto belga emergente; Working on a Plan è un lavoro compatto, funzionale alla scrittura e privo di protagonismi; il lavoro contiene 13 tracce originali frutto delle molteplici influenze, tutte rigorosamente roots, di David Bauwen, voce, chitarra ritmica e armonica, e di Piet Vercauteren, chitarra solista; si va dal rockabilly, allo swamp-blues, assaporando metriche funky in Bartender, atmosfere da late night show in Wolfman, e cavalcate country-western in The effect I have on women.
Un esordio piacevole.
Gianandrea Pasquinelli

 
 
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Tinez Roots Club "Have you Heard ?! "
Rootz Rumble Rec/
Si passa poi al terzo lavoro, dopo una discreta pausa, del Tinez Roots Club, una retro-swing band belga che in Have you Heard ?! fa rivivere i fasti del grande swing degli anni ’50, quello di Louis Prima e Big Joe Turner, poi riproposto con grande successo negli anni ’90 dalla Brian Setzer Orchestra. Tutti brani originali, 10 strumentali e tre cantati dal leader, Martijn “Tinez” Van Toor che con il suo potente e intenso sax tenore pennella una gioiosa atmosfera per tutto l’ascolto; eccellente anche Rob Geboers all’organo Hammond che contribuisce a creare il groove, e il lavoro degli altri protagonisti, Evert Hoedt, sax baritono, Andreas Robbie Carrie, batteria, e degli ospiti Pier Borkent, alla tromba, e Erik Hanegraaf, alle percussioni. Un lavoro divertente, in cui non si sente la mancanza della chitarra, ma in cui ci si aspetterebbe una maggiore presenza vocale. Un brano su tutti Indeed I Do.
Gianandrea Pasquinelli

 
 
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Little Hooke "Naked "
Naked Rec
L’ultimo ascolto è per Little Hooke, quartetto all’esordio con Naked. Hillburner, il brano di apertura, restituisce subito la cifra stilistica dellla band, un downhome blues che passa attraverso ascolti Fatpossum e North Mississippi Allstars. Le chitarre ipnotiche di Renaud Lesire e Bart Mulders, si incrociano con il ritmo implacabile di Steve Wouters, e le libere espressioni della energica armonica di Big Davies Reniers. Dieci tracce che lasciano il segno con boogie potenti, Hooked; ballad acide, Movin’on; chanson malate, Mourir debout; ballad psichedeliche, Back at the Shack. Un esordio esplosivo che non ti aspetti.
Un ascolto altamente consigliato.
Gianandrea Pasquinelli

 
 
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Filippo Barontini "Blues in barrique "
Crotalo Edizioni Musicali
Dalle storiche ed emerite edizioni musicali Crotalo di Ravenna, proviene Blues in barrique, esordio di un chitarrista veterano della toscana, Filippo “Bluesboy” Barontini; al comando di un manipolo di ottimi interpreti del genere, Vince Vallicelli (batteria), Pietro Taucher (organo Hammond) e Renato Marcianò (basso), assecondato al bisogno da una sezioni fiati completa in cui emerge anche l’ottima armonica di Enrico Forasassi, Barontini si presenta con 10 tracce, di cui 5 cover; Blues in barrique è un omaggio ai maestri del blues, ed una vetrina discreta del chitarrismo sicuro e maturo di Barontini, vocalist di estensione ristretta; un melting pot di blues, shuffle, swing che a tratti ricorda il primo Joe Galullo. Nulla di nuovo sotto il sole, un disco sincero e sentitamente blues senza nessuna velleità di modernizzazione.
Gianandrea Pasquinelli

 
 
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Quai des Brumes "Chansons boiteuses "
www.quaidesbrumes.it/
"Quando piove, si confondono con il cielo che "pesa come un coperchio" sulla città, diceva Baudelaire. I tetti di Parigi hanno molte forme e infinite sfumature ma sono variazioni intorno a un solo colore, il grigio. È la tonalità del pensiero e di un certo stile degli abitanti della capitale. Freddo, distaccato, ma avvolgente. La Ville Lumière è una signora brizzolata. La distesa di tetti bombati o spioventi, con migliaia di comignoli che d'inverno fumano come tanti piccoli draghi, rappresenta un paesaggio unico al mondo...". Potremmo affermare che manca questa appendice all'interno copertina del CD "CHANSONS BOITEUSES", nella quale troviamo perfettamente descritta l'essenza di ciò che il trio QUAI DES BRUMES ci vuole trasmettere. E, una volta completata la lettura, mesdames et messieurs, non rimane che chiudere gli occhi e lasciarsi trasportare dalle quindici tracce del disco, egregiamente eseguite da FEDERICO BENEDETTI (clarinetto), TOLGA DURING (chitarra) e ROBERTO BARTOLI (contrabbasso). Il filo conduttore è quello stile manouche nel quale il clarinetto difficilmente si approccia, pur imbattendosi in classici quali "Petite Fleur", solo per citarne uno. Manca forse la sonorità tipica della fisarmonica? Niente affatto, in quanto Benedetti, incanta, affascina, seduce, sempre magistralmente assistito dai fidi scudieri, che, all'uopo, sfoderano tutto l'estro solista per non dimenticare che la loro presenza non è assolutamente da semplici comprimari, ma da veri e propri primattori. La scommessa è vinta: per la durata dell'intero CD i musicisti ci calano nella Parigi del film dal quale il trio prende il nome, dalla poesia di Jacques Prevert, dal clima degli anni a cavallo tra il 1930 e il 1940, con la città fucina di grandi riforme, già nel DNA francese dal 1789. Ma, al tempo stesso, la Grandeur appare ridimensionata da un'armonia che sembra condurci anche nelle vie meno frequentate, normali, a misura d'uomo, il quale, consapevolmente, diventa artefice dell'incontro con i suoi pari. E quale posto meglio si adatta ad un incontro se non il porto, sulle cui banchine si arriva e si parte in un assoluto mix di razze, ceti sociali eccetera, e nel quale la BRUME (ovvero la nebbia), rende ancor più soffusa ogni differenza?
Prodotto dalla AMF (Associazione Musicisti di Ferrara), questo lavoro rappresenta l'ennesima sfida vinta da un gruppo di persone che ancora tenacemente crede nella musica di qualità.
Assolutamente imperdibile.
Paolo Santini

 
 
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Thorbjorn Risager & The Black Tornado "Change my game"
Ruf Records
Uno dei miei musicisti preferiti, Thorbjorn Risager licenzia alla fine di gennaio la sua ultima fatica, ancora una volta per la prestigiosa etichetta Ruf Records. Unanimemente riconosciuto come uno dei più rappresentativi blues act europei, il danese Thorbjorn Risager e i suoi The Black Tornado non tradiscono l’ascoltatore neanche questa volta. Change my game, undicesima fatica, era sulla carta un lavoro pieno di incognite, essendo successivo al grandissimo successo Too Many Roads del 2014. Change My Game fin dal primo ascolto ci restituisce una band super efficiente, forte di ben 800 date live con la stessa formazione, e un Risager sempre più padrone della situazione; costantemente agganciato al soul e R&B, il disco trova soluzioni di scrittura originali, vedasi la transizione del boogie finale City of Love, e l’utilizzo di arrangiamenti incisivi di grande presa, come in Dreamland dominata da un pungente riff di chitarra; con Change my game, Risager continua ad attualizzare un genere classico, rendendolo sempre più fruibile e, al tempo stesso, immediatamente riconoscibile. Nel lavoro trova spazio con naturalezza il southern rock di Hard Times, il blues di Train che inizia con sferragliare di rotaie, per proseguire con un piano saltellante e la chitarra acustica a solcare la più classica delle praterie, e se non basta ci si può emozionare con la soul ballad I Used To Love You e il suo arpeggio contagioso. Una band con una sezione ritmica precisa come un orologio svizzero, e una sezione fiati da paura, produce una sintesi di R&B, Blues e Soul estremamente dinamica su cui svetta perentoria la voce straordinaria del leader. Una produzione impeccabile che rende piena giustizia della qualità della band, i Black Tornado, e della potenza del leader. Una scommessa ancora una volta vinta.
Gianandrea Pasquinelli

 
 
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Walter Broes & The Mercenaries "Movin’Up"
Donor Production
Questo inizio di anno parte con una serie di novità licenziate da Rootz Rumble, una meritevole etichetta belga che si propone l’ambizioso obiettivo di intercettare quanto di meglio circola nel panorama europeo legato alla roots music, americana, rockabilly e dintorni. Walter Broes è un pezzo da novanta della scena musicale belga; alla testa degli Seatsniffers, forte di una tecnica chitarristica fina e di una voce aderente al genere, è stato apprezzato dal pubblico e dalla critica specializzata europea, non passando inosservato neanche negli USA. Finita questa esperienza nel 2012, lo ritroviamo rigenerato alla guida di un nuovo progetto, Walter Broes & The Mercenaries, insieme a Lieven Declercq (batteria) e Bass Vanstaen (contrabasso). Movin 'Up è il debutto della nuova formazione; 11 tracce che spaziano tra roots, rock, blues, country e rockabilly. Aperto dalla traccia omonima, swingante quanto basta, il lavoro si presenta completo e omogeneo, con cadenze countreggianti in Downtime, impreziosita da un gustoso impasto melodico di pedal steel guitar; si passa poi al blues, Sideshow, in cui un classico riff risulta scolpito dalla slide di Broes; il beat sincopato marcato Bo Diddley caratterizza la cover I Got My Own Kick Going, mentre nel blues swingante Don`t You Ruin My High, il sax di Roel Jacobs impone il punch incalzante di Louis Jordan; prima di terminare con la cover di Elvis Presley Black Star, c’è tempo per apprezzare Dark on the Man Child uno degli episodi più interessanti dell’album in cui l’atmosfera prende una piega inclinata, vagamente los angelina che ricorda certi arrangiamenti scuri di Tom Waits. Un graditissimo ritorno all’insegna del migliore roots possibile.
Gianandrea Pasquinelli

 
 
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Marc Lelangue "Lost in the Blues"
Donor Production
Disco denso di blues frizzanti e leggeri che si muovono nel solco della tradizione pre-bellica, Lost in the Blues è l’ultimo lavoro, o meglio l’ultimo compendio della passione che Marc Lelangue, chitarrista e cantante, nutre per un sottogenere di blues privo delle asprezze del Delta del Mississippi; per Lelangue il blues della perdizione è quello raffinato, quello composto e suonato da personaggi quali Tampa Red, Mance Lipscomb, e Brownie Mc Ghee, che in questo lavoro vengono ripetutamente omaggiati nelle 12 tracce del lavoro; accompagnato dal multistrumentalista Lazy Horse e dal contrabasso di Renè Stock, Lelangue licenzia un disco pervaso da un mood da buoni tempi andati, da una atmosfera vaudeville che ricorda a tratti i lavori di Leon Redbone o certi passaggi di John Fahey. I miei brani preferiti In the Evening, cover di un successo di Leroy Carr, e la mai scontata Take me Back. Molto piacevole.
Gianandrea Pasquinelli

 
 
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Mary’s Little Lamb "Elixir for the drifter"
Donor Production
Elixir for the drifter è il terzo dischetto licenziato da Donor Production; si tratta di un disco in bilico tra country-western e tex-mex, che potrebbe fare da colonna sonora a qualsiasi produzione cinematografica di spaghetti western; gli autori sono Mary’s Little Lamb, un giovane quintetto, atipico nella formazione e dalla spiccata verve creativa sia musicale che visiva (Hold your horses video, a questo indirizzo potete trovare il video di lancio di Hold your horses); la band è guidata dal baritono caldo e pastoso di Bart Hendrickx, a tratti reminiscente di Johnny Cash, che si doppia alla chitarra e al banjo; al di là della sezione ritmica (Bert Cuypers, contrabasso e Mile van Daele, batteria), colpisce la stabile presenza di due trombe (Kevin van Hoof e Stijn Cumps) esperienza mutuata da formazioni balcaniche o meglio mariachi; il risultato è estremamente piacevole; un sound ovattato, un basso martellante, una voce molto presente, tanti momenti interessanti: la paesaggistica Hold your horses, il tex-mex di Incantation, la country ballad Alone and Forsaken, il country blues con influenze mariachi Tell me how, la ballad melanconica Forever Gone; da non trascurare la presenza di diversi ospiti, tra cui Kathleen Vandenhoudt in Saguaro, uno dei brani più orchestrati dell’album. Uno dei dischi più intriganti degli ultimi tempi.
Gianandrea Pasquinelli

 
 
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JD Fox & Velvet Street Band "My Friend. A tribute to Donnie Fritts"
JD Fox
Altro tributo alla grande musica degli States, è My Friend, del cantante e chitarrista, Jan de Vos aka JD Fox; 13 tracce tutte firmate da Donnie Fritts, tastierista di Kris Kristofferson per oltre 40 anni; una carellata di ballate e canzoni di grande atmosfera e spessore che rivelano il profondo amore di Jan per i grandi songwriter del Muscle Shoals Studio di Sheffiled, Alabama; My friend arriva cinque anni dopo The Roadmaster, omaggio a Dewey Lindon "Spooner" Oldham, altro grande personaggio della Muscle Shoals, sue le tastiere in brani immortali come "When a Man Loves a Woman", "Mustang Sally", "I Never Loved a Man"; tornando a My Friend, Breakfast in bed, Choo choo train, Why is my day so long, e My friend, con l’opportunità di ascoltare Fritts al Wurlitzer, le mie tracce favorite.
Un ascolto molto piacevole per iniziare al meglio questo freddo 2017 !!!
Gianandrea Pasquinelli

 
 
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JJC Band "After Midnight"
G. Peggiani
Un omaggio al Tulsa sound e al suo più noto esponente - Mr JJ Cale, After Midnight è il nuovo progetto di Giorgio Peggiani in compagnia della JJC Band; registrato live a Verona il 18 febbraio 2016, il disco vede Peggiani spogliarsi della sua consueta veste di armonicista e appropriarsi di quella di vocalist; otto cover, una miscela di rock & roll, blues e country, un paio di sing-a-long, Magnolia e After Midnight; in questo lavoro autoprodotto, Peggiani dimostra buone proprietà vocali con un approccio leggero perfettamente consono al genere; attendiamo con curiosità i nuovi sviluppi di questa progettualità.
Gianandrea Pasquinelli

 
 
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Salvatore Amara & The Easy Blues Band "Blues is by my side"
Salvatore-Amara-The-Easy-Blues-Band
Nuovo CD per SALVATORE AMARA & THE EASY BLUES BAND. BLUES IS BY MY SIDE è il titolo dell'ultima fatica della Band di Amara, contenente 13 tracce, interpretate, o, meglio, vissute, con l'intensità che da sempre contraddistingue il loro prodotto musicale.
Una voce ferma, sanguigna e sicura, quella di Salvatore regge il timone della nave, sulla quale non ci sono mozzi, ma tutti quanti "primi ufficiali", a partire dal fratello Mauro Amara (tastiere e chitarra), Paolo DeMontis (eccellente armonica) e senza dimenticare l'ottimo sostegno ritmico fornito da Roberto Loi ( basso) e Fabio Cuccu (batteria). Numerosa la schiera dei collaboratori che strumentalmente come pure in veste di backing vocal hanno preso parte alla registrazione dei brani, scritti e composti dalla Band stessa, ad eccezione di The House of Rising sun (rivisitato in chiave blues-rockeggiante, conferendo al brano stesso quel giusto mix tra standard e personalizzazione che ne esalta l'esito finale) e dell'intermezzo pianistico Honky Tonk Blues, che ci riporta alle atmosfere dei primi anni del secolo scorso. Molto simpatica anche la veste fumettistica in chiave Jacovittiana della grafica del CD: per noi "bambini" negli ormai lontani anni '70, un bel revival costituito dai disegni che all'epoca erano una delle nostre fonti di ispirazione umoristica.
La maturazione della compagine, già peraltro ampiamente dimostrata nel loro precedente Back To The Blues del 2011, viene ampiamente confermata in quest'ultimo lavoro, ponendo Salvatore Amara & The Easy Blues Band come una delle migliori realtà musicali blues italiane.
Consigliato
Paolo Santini

 
 
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